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Nuovo Provvedimento Sospensione Esecuzione

SOSPENSIONE DELL’ESECUZIONE DELL’ ESECUZIONE IMMOBILIARE IN PENDENZA DI PROCEDURE AI SENSI DELLA LEGGE 3.2012: UNA POSSIBILE SOLUZIONE ALLE CONSEGUENZE DERIVANTI DALLA CRISI ECONOMICA

Ai sensi dell’Art. 12-bis della legge 3.2012, il giudice designato per la procedura di sovraindebitamento, in particolare, nel caso del piano del consumatore, se la proposta soddisfa i requisiti previsti dagli artt.  7, 8 e 9 e verificata l’assenza di atti in frode ai creditori, fissa immediatamente con decreto l’udienza, disponendo, a cura dell’organismo di composizione della crisi, la comunicazione, almeno trenta giorni prima, a tutti i creditori della proposta e del decreto.

Tra il giorno del deposito della documentazione di cui all’art. 9 e l’udienza non devono decorrere più di sessanta giorni.  Quando, nelle more della convocazione dei creditori, la prosecuzione di specifici procedimenti di esecuzione forzata potrebbe pregiudicare la fattibilità del piano, il giudice, con lo stesso decreto, può disporre la sospensione degli stessi sino al momento in cui il provvedimento di omologazione diventa definitivo.

In data 8 Maggio 2020, il giudice dr. Marco Pietricola del Tribunale di Latina, verificato che la proposta presentata dal gestore della crisi avv. Cira Di Feo soddisfasse i requisiti di legge e non fossero presenti atti in frode ai creditori, fissava successiva udienza con i creditori, dando termine per la notifica e sospendeva la procedura esecutiva immobiliare pendente presso il medesimo tribunale.

Facciamo un passo indietro.

La procedura di sovraindebitamento nasceva da una opposizione a precetto e pignoramento, notificata alla debitrice che si era vista impossibilitata a saldare le rate di un contratto di mutuo, per l’acquisto di un immobile come prima casa, a causa della perdita del lavoro.

In considerazione della difficoltà nell’adempimento, la debitrice e il suo avvocato si rivolgevano all’organismo della composizione della crisi di Lenola, accreditato al n. 97 del registro degli O.c.c., sezione B. Il referente dell’Occ, vista l’istanza nominava quale gestore della crisi l’avv. Cira Di Feo che, dopo aver interloquito con la parte e il suo difensore e acquisito la documentazione, depositava proposta di piano del consumatore, chiedendo la sospensione dell’esecuzione della procedura esecutiva immobiliare in corso. Il giudice disponeva l’apertura della procedura e la sospensione della procedura esecutiva, nonché fissava udienza con i creditori.

Di fatto, nella fase di apertura della procedura da sovraindebitamento, al debitore viene consentita l’attivazione di una sorta di procedimento cautelare atipico, che si svolge inaudita altera parte,  basato sia sulla fondatezza dei presupposti di ammissibilità, che sulla consapevolezza che nel caso che il bene fosse esecutato la procedura non avrebbe ragione di esistere e il debitore rimarrebbe privo di tutela.

Va precisato che il divieto di prosecuzioni delle esecuzioni individuali nella disciplina del sovraindebitamento è previsto come automatico nel caso dell’accordo di composizione della crisi e della liquidazione dei beni.

Tali procedure ai sensi degli artt.  7 e ex art. 14-ter prevedono il blocco automatico di tutte le azioni esecutive e tale blocco viene conosciuto come automatic stay, riprendendo quanto previsto dall’art. 168 l.f.,: «Dalla data della pubblicazione del ricorso nel registro delle imprese e fino al momento in cui il decreto di omologazione del concordato preventivo diventa definitivo, i creditori per titolo o causa anteriore non possono, sotto pena di nullità, iniziare o proseguire azioni esecutive e cautelari sul patrimonio del debitore».

Di fatto, la sospensione di ogni procedura esecutiva nel caso della liquidazione del patrimonio opera all’atto dell’emissione del decreto di apertura della procedura, mentre nel caso dell’accordo con il decreto di ammissione e di fissazione dell’udienza il giudice «dispone che, sino al momento in cui il provvedimento di omologazione diventa definitivo, non possono, sotto pena di nullità, essere iniziate o proseguite azioni esecutive individuali né disposti sequestri conservativi né acquistati diritti di prelazione sul patrimonio del debitore che ha presentato la proposta di accordo, da parte dei creditori aventi titolo o causa anteriore; la sospensione non opera nei confronti dei titolari di crediti impignorabili».

Il divieto resta operativo fino alla chiusura della procedura e resta in essere anche successivamente all’omologa, non prevista nel caso della liquidazione.

Tutti gli atti esecutivi eventualmente compiuti in pendenza di sospensione restano improduttivi di effetti, anche nel caso in cui il piano non venga omologato, e affetti da nullità. In caso di violazione del divieto in discorso, da parte di uno dei creditori, il debitore può senz’altro proporre opposizione all’esecuzione o agli atti esecutivi ai sensi degli artt. 615 e 617 c.p.c. davanti al giudice dell’esecuzione e sollecitare l’intervento del giudice titolare della procedura di sovraindebitamento.

Nel piano del consumatore, invece, non esiste un divieto generale e automatico per le eventuali azioni esecutive, infatti il debitore può soltanto chiedere al giudice la sospensione di determinate esecuzioni già pendenti, specificamente indicate nel ricorso e nella relazione, come nel caso del provvedimento in oggetto e commentato.

Più precisamente, ai sensi dell’art. 12-bis comma 2 «Quando, nelle more della convocazione dei creditori, la prosecuzione di specifici procedimenti di esecuzione forzata potrebbe pregiudicare la fattibilità del piano, il giudice, con lo stesso decreto, può disporre la sospensione degli stessi sino al momento in cui il provvedimento di omologazione diventa definitivo».

Il potere del giudice viene esercitato in modo discrezionale.

Contro il decreto del giudice, in caso di rigetto dell’istanza di inibitoria, può essere proposto reclamo ai sensi dell’art. 739 c.p.c., nel termine perentorio di 10 giorni dalla comunicazione del provvedimento (art. 10 comma 6).

Nel caso in cui vi sia una esecuzione già pendente e si depositi davanti al giudice dell’esecuzione un’istanza di sospensione, prima che il giudice competente per il sovraindebitamento si pronunci sull’ammissione della procedura, è abbastanza difficile che il giudice della esecuzione disponga la sospensione.

Di fatto, all’atto dell’emissione del provvedimento di sospensione esso viene comunicato dalla cancelleria del giudice fallimentare alla cancelleria del giudice dell’esecuzione, ed è opportuno che i legali provvedano a caricare il provvedimento nel fascicolo telematico della esecuzione immobiliare. Il giudice dell’esecuzione, preso atto del provvedimento del giudice della procedura ai sensi della legge 3.2012, dispone la sospensione della procedura esecutiva.

E’ possibile avviare la procedura ed ottenere la sospensione della esecuzione fino al decreto di trasferimento dell’immobile.

Va precisato che la sospensione della procedura opera dall’emissione del provvedimento fino alla omologa del piano o alla mancata emissione del provvedimento di omologa. Nel primo caso la procedura esecutiva immobiliare viene dichiarata estinta, mentre nel secondo caso la procedura esecutiva immobiliare riprende dallo stato in cui era intervenuta la sospensione. Ne deriva che, il provvedimento ad oggi ottenuto ha natura interlocutoria.

Anche qualora l’unico creditore desse parere negativo, il giudice potrà disporre comunque l’omologa del piano ove ne ravvisi i presupposti.

Alcuni operatori del settore, ritengono sia normale conseguire le procedure di sospensione dell’esecuzione, ma non sempre è così.

Presso molte sezioni di Tribunale appare difficoltoso ottenere provvedimenti simili, perché anche li dove vi sia meritevolezza da parte del debitore e vi sia una congrua alternativa liquidatoria, molti giudici tendono ancora a rigettare le richieste di sospensione e di omologa, non sempre condividendo lo spirito della norma o magari, partendo prevenuti nei confronti del debitore che viene spesso additato come colpevole e responsabile del suo inadempimento.

Di certo, come ben sappiamo, anche alla luce della attuale situazione economica, non sempre è così. La procedura di sovraindebitamento oltre a porre attenzione alle norme e alle procedure, pone altresì attenzione ai fatti e a quanto avvenuto nel passato, alla genesi del debito, distinguendo l’indebitamento colpevole, non colpevole e derivante da subito reato, come definisce l’Unione Europea. Ovviamente, tale approccio è tipico di quella impostazione che considera la procedura di sovraindebitamento non come una delle tante procedure fallimentari, ma come una procedura di composizione della crisi tra debitore e creditore, intendendo la composizione della crisi come ricerca di accordo tra debitore e creditore per comporre il contrasto insorto tra le parti.

Spesso, infatti, si giunge alla procedura di sovraindebitamento in seguito ad un inadempimento contrattuale, sfociato in un atto di precetto e successivo pignoramento le cui opposizioni, spesso, non sono basate su motivi giuridici sempre avallabili e condivisibili da parte del giudice, di contro ad elementi di fatto che, difficilmente potrebbero essere contestabili.

La perdita del lavoro, la liquidità derivante dall’erogazione del TFR, la presenza di un garante fino alla sottoscrizione di un contratto di lavoro, l’impegno a voler conservare la prima e unica casa di abitazione, il non aver sottoscritto altri finanziamenti nella consapevolezza di non poterli onorare sono tutti elementi che devono essere oggetto di valutazione da parte del giudice che, in un contesto del genere è chiamato a tener conto non solo della norma, ma anche delle posizioni, degli interessi e dei fatti. Ovviamente, toccherà al gestore della crisi avere il giusto approccio con le parti e motivare adeguatamente la propria relazione, allo scopo di creare una situazione di tutela del debitore, consentendogli di conservare la prima casa e di ottenere una riduzione del prezzo e un allungamento del piano di ammortamento e la tutela del creditore non offrendo una somma che non sia conveniente rispetto alla alternativa liquidatoria o che tenga conto della valutazione dell’immobile.

Molti avvocati risponderanno che, nella prassi si può giungere a ciò anche attraverso le transazioni con gli NPL, dimenticando in quel caso, i tempi per concludere le transazioni devono essere limitati i piani di rientro brevi e si deve disporre di disponibilità economica immediata, per effettuare il pagamento di un acconto.

In una situazione economica come quella attuale, per tanti sarà indispensabile tutelare la prima casa: è per tale motivo che invito i colleghi avvocati, commercialisti, consulenti del lavoro, ragionieri a consigliare in questo senso chi rischi di perdere l’immobile di proprietà, evitando di far affrontare vari giudizi per cercare di allungare la durata del processo e di allontanare quello che potrebbe essere uno spettro per il debitore.

La soluzione del piano del consumatore appare ancora più vantaggiosa anche per il legale che, nell’ambito del piano, viene messo in prededuzione in ordine ai pagamenti.

Inoltre, qualora venisse raggiunto un accordo tra le parti, di contro al valore di una transazione, che libererebbe il debitore solo da quel debito, il piano omologato avrebbe l’effetto esdebitatorio per il debitore, liberandolo per l’importo totale di tutti i debiti inseriti in piano.

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