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ESDEBITAZIONE DEL SOVRAINDEBITATO INCAPIENTE: PRIMO PROVVEDIMENTO OCC DI LATINA, GESTORE DELLA CRISI AVV. CIRA DI FEO.

IL DATO NORMATIVO – DEBITORE INCAPIENTE

Il nuovo art. 283 CCII, come da D.Lgs 147/2020 offre una nuova fattispecie di soluzione della crisi da debiti, anche in favore dei soggetti cosiddetti incapienti, ossia persone fisiche meritevoli che indebitatesi, non riescano ad offrire alcunché ai creditori, nemmeno in futuro.

L’art. 283 del codice della crisi e della insolvenza statuisce:

  • Il debitore persona fisica meritevole, che non sia in grado di offrire ai creditori alcuna utilità, diretta o indiretta, nemmeno in prospettiva futura, può accedere all’esdebitazione solo per una volta, fatto salvo l’obbligo di pagamento del debito entro quattro anni dal decreto del giudice laddove sopravvengano utilità rilevanti che consentano il soddisfacimento dei creditori in misura non inferiore al dieci per cento. Non sono considerate utilità, ai sensi del periodo precedente, i finanziamenti, in qualsiasi forma erogati.
  • La valutazione di rilevanza di cui al comma 1 deve essere condotta su base annua, dedotte le spese di produzione del reddito e quanto occorrente al mantenimento del debitore e della sua famiglia in misura pari all’assegno sociale aumentato della metà moltiplicato per un parametro corrispondente al numero dei componenti il nucleo familiare della scala di equivalenza dell’ISEE di cui al decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 5 dicembre 2013, n. 159.
  • La domanda di esdebitazione è presentata tramite l’OCC al giudice competente, unitamente alla seguente documentazione:
  • a) l’elenco di tutti i creditori, con l’indicazione delle somme dovute;
  • b) l’elenco degli atti di straordinaria amministrazione compiuti negli ultimi cinque anni;
  • c) la copia delle dichiarazioni dei redditi degli ultimi tre anni;
  • d) l’indicazione degli stipendi, delle pensioni, dei salari e di tutte le altre entrate del debitore e del suo nucleo familiare.
  • Alla domanda deve essere allegata una relazione particolareggiata dell’OCC, che comprende:
  • a) l’indicazione delle cause dell’indebitamento e della diligenza impiegata dal debitore nell’assumere le obbligazioni;
  • b) l’esposizione delle ragioni dell’incapacità del debitore di adempiere le obbligazioni assunte;
  • c) l’indicazione della eventuale esistenza di atti del debitore impugnati dai creditori;
  • d) la valutazione sulla completezza ed attendibilità della documentazione depositata a corredo della domanda.
  • L’OCC, nella relazione, deve indicare anche se il soggetto finanziatore, ai fini della concessione del finanziamento, abbia tenuto conto del merito creditizio del debitore, valutato in relazione al suo reddito disponibile, dedotto l’importo necessario a mantenere un dignitoso tenore di vita; a tal fine si ritiene idonea una quantificazione non inferiore a quella indicata al comma 2.
  • I compensi dell’OCC sono ridotti della metà.
  • Il giudice, assunte le informazioni ritenute utili, valutata la meritevolezza del debitore e verificata, a tal fine, l’assenza di atti in frode e la mancanza di dolo o colpa grave nella formazione dell’indebitamento, concede con decreto l’esdebitazione, indicando le modalità e il termine entro il quale il debitore deve presentare, a pena di revoca del beneficio, ove positiva, la dichiarazione annuale relativa alle sopravvenienze rilevanti ai sensi dei commi 1 e 2.
  • Il decreto è comunicato al debitore e ai creditori, i quali possono proporre opposizione nel termine di trenta giorni. Decorsi trenta giorni dall’ultima delle comunicazioni, il giudice, instaurato nelle forme ritenute piu’ opportune il contraddittorio tra i creditori opponenti ed il debitore, conferma o revoca il decreto. La decisione è soggetta a reclamo ai sensi dell’articolo 50.
  • L’OCC, nei quattro anni successivi al deposito del decreto che concede l’esdebitazione, vigila sulla tempestività del deposito della dichiarazione di cui al comma 7 e, se il giudice ne fa richiesta, compie le verifiche necessarie per accertare l’esistenza di sopravvenienze rilevanti ai sensi dei commi 1 e 2.

DEBITORE INCAPIENTE: REQUISITI

Trattasi di una rilevante novità introdotta in materia di sovraindebitamento, di recente, che consente ai debitori meritevoli, di ottenere il beneficio dell’esdebitazione anche quando essi non siano in grado di offrire ai creditori alcuna utilità, diretta o indiretta, nemmeno in prospettiva futura, tenuto ovviamente conto della prevalente necessità di assicurare il mantenimento della famiglia. Ne rileva che esdebitato può benissimo essere rappresentato da un soggetto fisico titolare di uno stipendio minimo, che qualora dovesse onorare tutta la propria debitoria, non sarebbe in grado di assicurare la sopravvivenza della propria famiglia.

Il debitore non deve essere titolare di beni immobili e non deve averne ceduto nell’ultimo quinquennio.

Lo scopo della norma – che prende atto della esistenza, anche a livello europeo, di una larga fascia di soggetti qualificabili come sovraindebitati – è offrire una seconda possibilità ai soggetti sovraindebitati che, diversamente, non avrebbero la possibilità di liberarsi dai debiti e soprattutto di sopravvivere col proprio nucleo familiare, specie in un periodo economico come quello attuale.

Il beneficio è straordinario in quanto può essere concesso, sulle predette basi, sola per una volta ed è inoltre mitigato dalla persistenza di un obbligo di pagamento dei debiti ove entro il quadriennio dall’esdebitazione sopravvengano rilevanti utilità – diverse dai finanziamenti ricevuti – tali da consentire il soddisfacimento dei creditori in misura non inferiore al dieci per cento. Utilità potrebbero essere beni in eredità o somme di denaro, quali ad esempio anche il cosiddetto TFR.

Ai fini della valutazione di rilevanza delle sopravvenienze, da calcolarsi su base annua, vanno detratte le spese occorrenti per la produzione del reddito nonché quelle necessarie al mantenimento del debitore e della sua famiglia, che ex lege vengono calcolate in misura pari al doppio dell’indice ISEE.

COME ACCEDERE ALLA PROCEDURA

La domanda di esdebitazione è presentata dinanzi l’Organismo della Composizione della Crisi da sovraindebitamento (i cui compensi sono tuttavia ridotti della metà) congiuntamente alla documentazione necessaria ad individuare i creditori e l’ammontare dei crediti, gli atti di straordinaria amministrazione compiuti nel biennio, i redditi dichiarati negli ultimi tre anni, tutte le entrate del debitore e del nucleo familiare.

PROCEDURA PER OTTENERE LA ESDEBITAZIONE

Il gestore della crisi nominato dall’Occ predispone una relazione, che verrà depositata all’attenzione del giudice, nonché evidenzia gli elementi idonei a valutare la meritevolezza del debitore sotto il profilo delle cause dell’indebitamento, della diligenza impiegata nell’assumere obbligazioni e delle ragioni che hanno comportato l’incapacità ad adempierle.

Tiene conto, altresì, della corretta valutazione del merito creditizio del debitore da parte dell’eventuale finanziatore – considerato anche il carico di spese per il mantenimento della famiglia, sempre calcolato su base ISEE – trattandosi di elemento utile per valutare se il debitore sia stato indotto a sopravvalutare le sue capacità di adempimento.

Il Giudice, ricevuto il ricorso introduttivo e la relazione depositati dal legale del debitore, valuta la sussistenza della meritevolezza e l’insussistenza di atti di frode, ovvero di dolo o colpa grave nell’indebitamento e se del caso emette provvedimento di esdebitazione.

Nel provvedimento il Giudice indicherà con quali modalità e in quale termine il debitore dovrà presentare, a pena di perdita del beneficio concesso, la dichiarazione annuale nel caso in cui intervengano sopravvenienze rilevanti nel senso già indicato.

Il decreto è comunicato ai creditori che possono proporre reclamo motivato.

PROVVEDIMENTO DI INCAPIENZA – TRIBUNALE DI LATINA – GESTORE DELLA CRISI AVV. CIRA DI FEO

Con provvedimento del 23.9.2021 veniva emesso dal Tribunale di Latina, nella figura del dr. Marco Pietricola, provvedimento di esdebitazione sulla base della relazione prodotta dal gestore della crisi, avvocato Cira Di Feo in favore di un indebitato, difeso dagli avv. Giuseppe Valenti e Andrea Galli.

Sulla base delle informazioni acquisite dalla documentazione depositata dal debitore e dai suoi legali, il gestore rilevava la situazione debitoria, la mancanza di patrimonio, la capacità reddituale del nucleo familiare e riteneva percorribile la incapienza del debitore.

Le entrate mensili, frutto della unica fonte di reddito, infatti, non consentivano il soddisfacimento dei creditori, ma unicamente di onorare il credito vantato dalla ex coniuge a titolo di mantenimento, il cui importo, pro quota dello stipendio, ha carattere impignorabile.

Il residuo del reddito era tale da consentire, unicamente, la sopravvivenza del nucleo familiare.  

Il gestore, nella propria relazione, attraverso l’analisi delle visure delle centrali Crif, Cr, ctc e dei cud degli anni precedenti, rilevava il rapporto in ordine alla meritevolezza del debitore e, sulla base dei medesimi dati individuava la condotta tenuta dagli istituti finanziari che, all’atto di erogazione del credito, non avevano tenuto conto sia dello stato di indebitamento che del reddito minimo del debitore, delineandosi una incauta concessione del credito, valutabile ai sensi dell’art. 69 del codice della crisi e della insolvenza e dell’art. 14 quardieces  : “Il creditore che ha colpevolmente determinato la situazione di indebitamento o il suo aggravamento o che ha violato i principi di cui all’articolo 124-bis del decreto legislativo 1 settembre 1993, n. 385, non puo’ presentare opposizione o reclamo in sede di omologa, anche se dissenziente, ne’ far valere cause di inammissibilita’ che non derivino da comportamenti dolosi del debitore”.

La valutazione di rilevanza di cui al comma 1 dell’art. 14 quardiecies della legge 3.2012 veniva condotta su base annua, dedotte le spese di produzione del reddito e quanto occorrente al mantenimento del debitore e della sua famiglia in
misura pari all’ammontare dell’assegno sociale aumentato della metà, moltiplicato per un
parametro corrispondente al numero dei componenti del nucleo familiare della scala di
equivalenza dell’ISEE prevista dal regolamento di cui al decreto del Presidente del Consiglio dei
ministri 5 dicembre 2013, n. 159 e sarà onere del gestore vigilare in tal senso.

Il gestore riteneva di poter richiedere l’apertura della procedura di esdebitazione ai sensi e per gli effetti dell’art. 283 Codice della Crise e della Insolvenza, e che il giudice, previa le verifiche di rito, concedesse con decreto l’esdebitazione, indicando le modalita’ e il termine entro il quale il debitore avrebbe dovuto presentare, a pena di revoca del beneficio, ove positiva, la dichiarazione annuale relativa alle sopravvenienze rilevanti ai sensi dei commi 1 e 2. Il gestore, inoltre, richiedeva la sospensione della esecuzione mobiliare presso terzi ai danni del debitore, nonché chiedeva che il giudice volesse dichiarare la improcedibilità e la nullità di tutte le esecuzioni mobiliari, immobiliari, presso terzi avviate ed avviande e notificande nel corso del quadriennio e a far data dall’apertura della procedura.

Il provvedimento del giudice faceva seguito alle richieste del gestore della crisi e al debitore veniva concessa la esdebitazione, col vincolo della verifica nel quadrienno successivo, in ordine alla situazione economica, patrimoniale, reddituale e di meritevolezza.

Indubbiamente, tale nuovo strumento previsto dalla legge 3.2012 rappresenta un elemento di novità e soprattutto una via di uscita per quanti, a causa della diminuzione del reddito, della perdita di lavoro, di malattie o altre situazioni particolarmente delicate.

L’utilizzo di tale strumento è in fase di avvio e, ad oggi, pochi sono in tal senso i provvedimenti emessi dai Tribunali, per cui, occorrerà comprendere quello che sarà l’approccio da parte sia degli organismi della composizione della crisi che dalla magistratura.

Di certo, in un momento economico come quello attuale, tale strumento assume rilevanza fondamentale allo scopo di aiutare i soggetti indebitati non per propria colpa e che, in considerazione di tale elemento, non siano condannati a vivere una vita non dignitosa non potendo onorare i propri debiti e quindi anche ad essere privati di taluni diritti e di talune libertà. Tale strumento non deve essere valutato da parte degli Occ e della Magistratura come una scappatoia per non far fronte ai propri debiti, ma come uno strumento valido per un momento economico in cui, all’apparenza, si ha la sensazione che l’economia stia ripartendo, ma di fatto, la situazione di disagio economico, lavorativo e finanziario diventa sempre più pregnante.

Non esitate a contattarci, nel caso abbiate bisogno di noi.

attraverso il form che troverai nella Pagina dei contatti LegalProfessionalNetwork a Latina

Tel: 0773180277 (orario ufficio)

Referente, avv. Cira Di Feo

Organismo della composizione della crisi da sovraindebitamento presso il Comune di Lenola, referente dr. Marco Valerio Rosato

Qui sotto viene riportato il provvedimento in oggetto

Italia: Analisi del rischio Paese e prospettive future di crisi economica

Da fonti di Confcommercio risulta che in un anno siano state chiuse circa 305mila partite iva, alla data del 28.12.2020.

Le Camere di Commercio, a loro volta, hanno specificato che delle 240.000 partite iva sparite dal mercato, a causa della pandemia, la riduzione del tessuto produttivo è risultata particolarmente accentuata nei settori dei servizi di mercato e del commercio.

Nel dettaglio, i servizi di mercato appaiono ridotti in una percentuale del 13,8% rispetto a quelli erogati nell’anno 2019. Le maggiori perdite in questo settore si sono registrate ai danni delle agenzie di viaggio (-21,7%), del settore della ristorazione, bar e ristoranti (-14,4%) e nel settore della logistica e dei trasporti (-14,2%).

Italia: Analisi del rischio Paese e prospettive future di crisi economica legalprofessionalnetwork sovraindebitamento legge301

Nel settore del commercio la perdita, invece, appare più contenuta, ma comunque incisiva, ed è pari all’8,3% rispetto ai servizi del commercio erogati nel corso dell’anno 2019. Nel dettaglio, si riscontrano notevoli perdite nel settore dell’abbigliamento e delle calzature (-17,1%), nel settore della vendita degli ambulanti (-11,8%) e della distribuzione di carburante (-10,1%).

Sempre grazie alle osservazioni e rilevazioni delle Camere di Commercio, si evidenzia che tutta la filiera del tempo libero, delle attività artistiche, sportive e di intrattenimento hanno fatto registrare un vero e proprio crollo, realizzatosi nella cessazione di una partita iva su tre.

Nel settore turistico, alberghiero, fieristico e dello spettacolo (cinema e teatri) il crollo delle attività ha carattere verticale, soprattutto per le grandi strutture che hanno dovuto far fronte ad ingenti costi fissi, senza aver usufruito di alcun ricavo e di rari ristori, di minimo valore.

Non vanno dimenticati, poi, i lavoratori autonomi, professionisti ordinistici e non ordinistici, operanti nelle attività professionali, scientifiche e tecniche, di amministrazione e servizi, artistiche, di intrattenimento, divertimento e altro per i quali si prevede la chiusura di circa 200.000 mila partite iva, sia a causa della diminuzione del fatturato che, in taluni casi, della totale interruzione delle attività svolte.

Pensare che ogni partita iva cessata equivale ad una unità personale ed economica è errato. I numeri, infatti, vanno moltiplicati almeno per due, in quanto, ogni struttura si avvale di almeno un dipendente o consta di due titolari o di un amministratore e un direttore tecnico, che ha seguito le stesse sorti della partita iva principale. Ne deriva che ad numero di circa 440.000 mila partite iva rese inattive corrisponderanno altrettanti dipendenti o collaboratori che dalle schiere dei lavoratori dipendenti o dei collaboratori occasionali, si ritroveranno a nutrire le già folte schiere dei disoccupati.

Queste schiere tenderanno ad aumentare sempre più, senza attendere la fatidica data del blocco dei licenziamenti prevista per marzo 2021, poiché molti dipendenti resteranno senza lavoro prima di quella data, a causa della diminuzione della produttività e di gravi perdite economiche presso stabilimenti produttivi e centri commerciali. Basti pensare al  caso dell’Auchan di Nola e Pompei ( circa 154 persone licenziate in un mese ).

Altri dipendenti saranno licenziati in virtù di dimissioni firmate in bianco, all’atto dell’assunzione, ed altri ancora perché le aziende verranno poste in liquidazione.

Nel caso in cui le aziende siano sottoposte a procedure di insolvenza o concorsuali, i dipendenti dovranno attendere che si compiano gli iter delle procedure, l’approvazione dello stato passivo e la valutazione dell’attivo e forse riuscire ad ottenere il pagamento grazie alle disponibilità aziendali. Di fatto, nella maggior parte dei casi, occorrerà attendere l’intervento dell’Inps, attraverso il fondo di garanzia a tutela dei lavoratori che non abbiano beneficiato degli ultimi stipendi e della erogazione del trattamento di fine rapporto.

Molte imprese, infatti, pur avendo il dovere di procedere all’accantonamento delle quote di TFR non avendovi provveduto a tempo debito, non saranno in questo momento in grado di onorare i propri impegni, per cui, assisteremo all’instaurazione di centinaia di processi innanzi ai giudici del lavoro, allo scopo di ottenere il pagamento delle somme dovute. Giudizi, questi, nei quali spesso subentreranno le curatele fallimentari o che saranno destinati a concludersi con una sentenza alla quale non si riuscirà a dare esecuzione, poiché il soggetto imprenditoriale, a fine giudizio, sarà stato soggetto a liquidazione giudiziale.

Ne deriva che, in questi casi, spetterà all’Inps intervenire col fondo di garanzia, su istanza di parte, per corrispondere il trattamento di fine rapporto ai lavoratori che, a causa di vicende aziendali particolarmente delicate, non siano riusciti ad ottenere il pagamento di quanto dovuto.

Si tratta dello stesso Inps che, con le sue istituzioni ed i suoi fondi di derivazione nazionale ed europea, tra cui lo Sure, dovrà intervenire per assicurare l’erogazione delle casse integrazioni straordinarie ed ordinarie per i lavoratori dei settori che abbiano risentito maggiormente della crisi e abbiano subito un calo o addirittura l’assenza totale di fatturato, nonché per sostenere i titolari di partita iva attraverso l’erogazione di sussidi una tantum.

Di contro a tali erogazioni di carattere straordinario, l’Inps sarà tenuto a corrispondere le naspi, il reddito di cittadinanza e il cosiddetto reddito di emergenza, gli stipendi e le pensioni ai dipendenti pubblici e le pensioni dei dipendenti privati.

Ciò non rappresenterebbe alcun problema se non si valutasse che le entrate derivanti dal pagamento dei cosiddetti contributi previdenziali, sia in conseguenza di moratorie correlate all’evento epidemico, che in virtù di aiuti all’occupazione, concretizzatisi negli sgravi previdenziali, e il mancato pagamento di cospicue somme da parte di imprese che si trovano in difficoltà o che hanno cessato le proprie attività, senza sanare le proprie posizioni debitorie, hanno comportato una notevole riduzione per le entrate dell’Inps stesso.

Il quadro è allarmante e preoccupante sia da un punto di vista economico che sociale, poiché, molte piccole e medie imprese italiane, a gestione familiare, si sono viste costrette a cessare le attività o lo faranno a breve, determinando una disoccupazione generazionale che, nel caso di imprenditori 40/50 enni comporterà la nascita di aree di disoccupazione ed inoccupazione per le quali, gioco forza, sarà necessario l’intervento con ammortizzatori sociali da parte dello Stato, perché non sempre vi saranno i tempi per la riqualificazione e la ricollocazione professionale.

Le imprese familiari hanno da sempre svolto un ruolo determinante nell’economia nazionale e nelle economie locali, perché, grazie alla collaborazione in essa fornita dai membri dello stesso nucleo familiare, esse consentono la sopravvivenza dignitosa di uno o più nuclei familiari. Venendo meno tale tipologia di imprese, non solo le famiglie non potranno più mantenere il pregresso tenore di vita, ma soprattutto, spesso non si potrà consentire ai figli di proseguire percorsi universitari o di stage in Italia o all’estero.

A ciò va aggiunto che, nel caso di perdita di anziani genitori che rappresentavano un sostegno per la maggior parte degli italiani, l’assenza di una entrata fissa, rappresentata dalla pensione, per la maggior parte delle famiglie italiane non solo comporterà la impossibilità di far fronte ai costi di mutui, finanziamenti e prestiti stipulati in precedenza, quanto lo scivolamento della povertà più assoluta.

Ad ogni azienda cessata corrisponde un amministratore, un dipendente, un consulente fiscale ed un consulente del lavoro e, soprattutto, corrisponde un carico tributario non onorato che, nel caso in cui il titolare o i titolari siano incapienti, non potrà essere mai riscosso, con perdite enormi da parte dello Stato, sia in termini di spese e tempi di recupero, che di mancato recupero.

Ma, in epoca Covid-19, come la piccola e media impresa giunge all’anticamera della cessazione o alla cessazione, alla chiusura?

Ci sono comparti come quello turistico e alberghiero che, dal mese di febbraio hanno avuto un’attività limitata unicamente ai mesi di luglio, agosto e la prima settimana di settembre 2020, dopo di che non hanno più operato.

Il settore fieristico, invece, è rimasto fermo dal mese di febbraio dello scorso anno.

Non vanno dimenticati centri sportivi, palestre, centri fitness, centri estetici che nonostante abbiano adottato misure di prevenzione come da legge e abbiano sostenuto rilevanti investimenti per assicurare i target di sicurezza, sono fermi dal mese di ottobre.

Per non parlare di bar, ristoranti, pub, pizzerie che in alcune regioni hanno potuto operare fino alle ore 18 e in altre regioni, addirittura, sono stati costretti ad effettuare un’attività unicamente da asporto.

Senza avere la certezza delle aperture e degli incassi, gli imprenditori si sono trovati a dover sostenere in primis i cosiddetti costi fissi, dati dai canoni di locazione, dalle utenze commerciali e delle abitazioni private, che non hanno subito decurtazione alcuna. Inoltre, in molti casi, le casse integrazioni straordinarie sono state erogate in favore dei lavoratori con estremo ritardo, per cui, molti imprenditori si sono visti obbligati ad anticipare gli importi in favore dei lavoratori, con un grave pregiudizio, perché ad oggi vi sono dipendenti che ancora non hanno percepito la C.I.G relativa ai mesi estivi del 2020.

In merito ai sostegni riconosciuti dallo Stato, in taluni casi per alcune attività hanno avuto carattere una tantum, e in altri casi,sono stati quantificati in una percentuale pari al 33% della perdita del fatturato subito, facendo riferimento ad un determinato periodo.

Tuttavia, tali elargizioni non sono state tali da consentire agli imprenditori di far fronte ai costi di gestione e agli insoluti realizzatisi nel periodo di assenza della produttività e degli introiti.

In tale quadro di crisi economica e finanziaria, col Decreto di Marzo 2020, denominato Decreto Cura Italia, veniva disposta la moratoria per mutui, affidamenti, finanziamenti, prestiti e leasing fino a settembre 2020. Tale scadenza veniva successivamente prorogata al 31 dicembre 2020 e, di recente, come da ultima legge di bilancio, la proroga è slittata automaticamente al 30 giugno 2021.

Nonostante tale previsione normativa, molti istituti bancari non hanno consentito l’accesso alla moratoria sia alle imprese che ai privati, adducendo le motivazioni più varie, addirittura determinando disguidi e problematiche anche in relazione alla sospensione dei mutui prima casa. 

Il medesimo Decreto Cura Italia prevedeva l’erogazione di finanziamenti, con garanzia statale, con scopo liquidità per consentire la continuità, in favore delle imprese solvibili e che non fossero state destinatarie di segnalazioni in data antecedente al 31 dicembre 2020.

Nonostante Banca d’Italia avesse indicato che i finanziamenti erogati con la garanzia statale non potessero essere stornati a copertura degli affidamenti, col rischio della perdita del beneficio del preammortamento per il cliente, molte banche hanno disatteso tale indicazione, utilizzando il meccanismo del ricatto legato alla conferma o revoca dell’affidamento a scadenza della moratoria, e quindi, sebbene le imprese avessero richiesto liquidità, in alcuni casi si sono ritrovate semplicemente a coprire gli affidamenti e le linee di credito e a non risolvere i problemi relativi alla continuità aziendale. Allo scopo di sopperire alla mancanza di fondi, molte aziende si sono viste costrette a stipulare ulteriori finanziamenti bancari ordinari o, addirittura, a fare ricorso all’usura.

A tutto ciò va aggiunto che, con Regolamento UE n. 171/2018 sulle tecniche di regolamentazione che riguardino la soglia di rilevanza delle obbligazioni creditizie in arretrato per banche e gruppi bancari, SIM e gruppi di SIM, sono cambiati i parametri per considerare il debitore inadempiente nei confronti delle banche e delle finanziarie.

Per essere considerati cattivi pagatori basterà davvero poco: se si superano i 500 euro in relazione a uno o più finanziamenti che rappresentano l’1% del totale dell’esposizione nei confronti della banca si parla già di “arretrato rilevante”, mentre per le persone fisiche e le piccole imprese bastano 100 euro.

È fondamentale, quindi, onorare con puntualità le scadenze di pagamento previste contrattualmente e rispettare il piano di rimborso dei propri debiti non trascurando anche importi di modesta entità, al fine di evitare la classificazione a default che rileva anche ai fini della segnalazione in Centrale Rischi di Banca d’Italia e comporta il blocco di tutte le linee di credito.

Una previsione in tal senso, oltre che apparire deleteria, diventa pericolosa per aziende che si trovano in situazione di presofferenza o che operano rasentando gli affidamenti e, di certo, un atteggiamento di buon senso da parte degli istituti bancari, e di massima collaborazione con la clientela appare indispensabile per favorire la sopravvivenza delle aziende.

Non può essere dimenticato, poi, l’annoso e già preesistente rapporto problematico tra imprese e agenzia della riscossione e gli enti impositori. Sebbene si sia parlato di sospensione nel pagamento di imposte e tasse, di fatto l’agenzia della riscossione ha sospeso la notifica degli atti tributari e disposto nuove scadenze per il pagamento delle rottamazioni, ma è rimasto l’obbligo del pagamento dei contributi dei lavoratori, delle ritenute d’acconto, dell’iva, delle tasse, degli acconti delle tasse, delle rateizzazioni frutto di avvisi bonari che, se non onorate, ne comportano la decadenza.

Alcuna modifica è stata apportata dalla normativa, sebbene la giurisprudenza sia di merito che di legittimità venga incontro all’imprenditore non colpevole dell’indebitamento, in ordine alle soglie di punibilità per il mancato pagamento di imposte e tasse.

Ne deriva che, gli imprenditori i quali non provvedano al pagamento di iva, contributi previdenziali e ritenute superando le cosiddette soglie di punibilità, potranno incorrere in reati tributari, con procedibilità d’ufficio, i cui esisti potrebbero pregiudicare anche l’accesso a talune procedure di insolvenza o sovraindebitamento.

Infine, ma non per minor importanza, ogni imprenditore sostiene mensilmente i costi di locazione degli immobili, qualora non siano di proprietà, i costi relativi all’approvvigionamento delle merci e delle materie prime, i costi relativi alla manutenzione dei macchinari, all’adeguamento agli standard urbanistici, sanitari ed epidemiologici che mal si conciliano con la diminuzione delle entrate, derivante dalla mancata collocazione e vendita di merci o dalla mancata erogazione di servizi, in conseguenza della riduzione dei consumi e della vendita dei beni.

Tale disequilibrio economico e finanziario ha determinato e continuerà a determinare inadempimenti contrattuali che, se non giustamente affrontati e valutati in sede giudiziaria, potrebbero generare titoli esecutivi tali da determinare procedure concorsuali e di insolvenza ai danni delle imprese, e procedure esecutive a carico di amministratori, soci e fideiussori.

Da segnalare, in tal senso, è la previsione normativa contenuta nel D.L. 23/2020,che all’art. 11 comma 1 che ha previsto l’improcedibilità delle istanze di fallimento depositate nel periodo compreso tra il 9 marzo 2020 e il 30 giugno 2020. L’improcedibilità non è stata applicata per le istanze depositate dal Pubblico Ministero qualora accompagnate da richieste cautelari ex art. 15 L.F., di norma volte a tutelare il patrimonio del debitore da operazioni distrattive, nonché per le grandi imprese che soggiacciono alla normativa del D.L.347/2003 e successive modifiche (Misure urgenti per la ristrutturazione industriale di grandi imprese in stato di insolvenza).

Diversa sorte invece è stata prevista per le istanze depositate prima del 9 marzo 2020, le quali hanno goduto della sola sospensione dell’attività giudiziaria prevista dal Decreto Cura Italia prima e dal D.L. 23/2020 poi fino al 30 giugno 2020.

Il “blocco” delle istanze di fallimento per un periodo così limitato ovvero sino al 30 giugno 2020 di certo non è stato in grado di neutralizzare gli inevitabili effetti dell’emergenza sanitaria sulle imprese e garantire la loro prosecuzione, soprattutto a far data dall’autunno 2020, periodo in cui, in conseguenza dell’adozione di ulteriori misure restrittive le imprese hanno ulteriormente sofferto.

Altre misure a sostegno degli imprenditori e dei cittadini, ma pur sempre relative, sono state la sospensione dei protesti e la proroga per il rilascio degli immobili, in caso di sfratto per morosità, fino al mese di giugno 2021.

Tale misura appare, però, monca se non accompagnata da aiuti per i conduttori e sgravi e bonus per i locatori, poiché i locatori si vedranno privati di entrate che, in questo momento storico potrebbero, per alcuni, essere le uniche entrate per sopravvivere.

Tali proroghe, non accompagnate da misure di sostegno in favore delle imprese, comporteranno che molti imprenditori potrebbero comunque nella impossibilità di saldare comunque quanto dovuto alla scadenza indicata da legge, e quindi, rischiare comunque il rilascio dell’immobile a causa della mancata ripartenza economica del paese.

Infine, per le imprese e gli imprenditori che si trovano in una situazione di sofferenza bancaria e che non hanno ottenuto la sospensione di finanziamenti, mutui e prestiti e soprattutto non hanno ottenuto i prestiti con garanzia statale, la situazione diventa ancora più complessa, poiché di contro al calo del fatturato, comunque esse dovranno far fronte ai medesimi costi e alle stesse uscite di natura finanziaria a cui facevano fronte in precedenza.

Gli operatori economici, giuridici e finanziari di settore sono ben consapevoli che, gli esponenti della media e piccola imprenditoria tendono ad identificare quale causa principale del collasso economico e finanziario delle imprese l’incertezza della programmazione e pianificazione aziendale, frutto dell’attuale momento economico e sanitario.

Il rischio di effettuare pagamenti in favore di fornitori e amministrazione finanziaria dello Stato e di ritrovarsi senza lavoro e senza introiti da un giorno all’altro, privi di liquidità e sostentamento per l’azienda e il proprio nucleo familiare ha rappresentato, poi, l’incubo ricorrente per la maggior parte degli imprenditori e continua tuttora ad esserlo.

Il calo delle entrate, la diminuzione del lavoro e dei flussi finanziari hanno determinato un aumento esponenziale della povertà, dato incontrovertibile provato dalle enormi file di persone che si formano dinanzi alla Caritas, alle associazioni di volontariato e alle chiese per chiedere aiuto o un piatto caldo e, contestualmente dall’aumento dei crimini comuni, quali rapine, furti e aggressioni.

A ciò va aggiunto che, appare netto che a pagare le conseguenze della crisi siano stati i cosiddetti ceti medi e che, un divario sempre più ampio, tra ceti abbienti e meno abbienti, generi problematiche non solo economiche, ma anche di di convivenza sociale.

Il cambiamento economico sociale dell’Italia e il suo tracollo, purtroppo, appaiono visibili anche all’estero: basti pensare che un noto giornale newyorchese ha dipinto Roma come una città abbandonata, dove i luoghi dell’arte sono assolati e solitari, le vie della moda costellate da boutique chiuse, le vie del centro abbandonate e con la maggior parte delle saracinesche abbassate e i vetri costellati da una marea di cartelli vendesi.

Viene da chiedersi: chi comprerà? Chi dispone e disporrà di liquidità, ma la liquidità, specie se ingente, non sempre è simbolo di legalità e in alcuni casi, se fosse di derivazione straniera, specie in alcuni asset particolari, potrebbe comportare la violazione della normativa del golden power o addirittura una violazione di talune norme nazionali e della Unione Europea.

Qualora, infatti, vi fossero acquisizioni nel settore della logistica, dei trasporti, dell’energia e delle comunicazioni sarebbe auspicabile, anzi dovuto, un intervento di vigilanza e controllo allo scopo di tutelare non solo l’economia, ma anche la sicurezza dello Stato.

In ambito bancario, finanziario ed immobiliare poi, occorrerebbe, porre attenzione alla cessione e alla gestione degli NPL onde evitare che grandi colossi stranieri abbiano la possibilità di acquisire quote o istituti di credito, collocandosi sul mercato anche come intermediari immobiliari e finanziario-creditizi, attraverso i cosiddetti network e le reti di impresa o i gruppi di impresa.

Il settore del Made in Italy e i settori della ristorazione, del turismo, della ricezione, della cultura andrebbero tutelati da avventori stranieri che rischierebbero di ritrovarsi a gestire un patrimonio storico, culturale, artistico, produttivo prettamente italiano, addirittura privando l’Italia della propria storia ed identità, oltre che di un cospicuo giro di affari e di occupazione. 

Un piccolo ma dovuto cenno va riservato ai professionisti, quali avvocati, commercialisti, consulenti del lavoro, architetti, periti, geometri, psicologi che si sono trovati a dover far fronte alla crisi settoriale e all’assenza di incarichi professionali, di introiti per mesi, beneficiando di irrisori bonus, senza adeguate tutele.

Molti professionisti si sono visti costretti a rinunciare all’iscrizione agli ordini professionali di appartenenza ed altri lo faranno a breve. Ebbene, occorre tutelare i professionisti dalle law firms e dai network stranieri che, già da tempo operano in Italia, e che potrebbero determinare una modifica del mercato delle professioni e la conseguenza scomparsa del piccolo professionista.

L’investitore offrirà lavoro e maggiore competitività al mercato, ma, forse, potrebbe non assicurare il pagamento del gettito tributario in favore del nostro Stato, sia optando per altre forme di fiscalità e domicili legali o decidendo, in seguito, di cedere le proprie quote ad altri gruppi e, conseguentemente, il recupero delle somme dovute all’amministrazione tributaria, potrebbe non più apparire cosi facile.

Tale crisi economica, finanziaria, produttiva e di fiducia che investe la piccola e media impresa italiana, in tutti i suoi comparti e in tutte le sue individualità, richiede l’adozione di misure adeguate per tutelare sia le realtà imprenditoriali, che i singoli soggetti che la compongono, che lo Stato Italiano.

Le situazioni di crisi economica, finanziaria, aziendale generano situazioni di conflitto tra le parti che, normalmente, sono costrette a rivolgersi all’amministrazione della giustizia per trovare una soluzione ai problemi occorsi, allo scopo di ottenere l’accertamento di un diritto e la tutela economica del creditore. In un momento economico come quello attuale, l’accertamento del diritto che prescinda dal contesto economico sociale potrebbe essere deleterio per il debitore che, qualora fosse stato inadempiente non per propria colpa, rischierebbe una procedura di insolvenza (ex fallimento), o sovraindebitamento o una esecuzione forzata. Al tempo stesso, il creditore rischierebbe di non veder mai soddisfatte le proprie pretese e di divenire debitore a sua volta.

Appare indispensabile, quindi, un cambio di paradigma e una nuova gestione della composizione della crisi, che consenta alle attività imprenditoriali di rimanere a galla e ai privati cittadini di non essere lasciati soli.

Occorre tener presente che, in tal senso, l’Unione Europea già dal 1998 ha posto attenzione alla tutela del consumatore, inteso come privato cittadino, e alla tutela delle imprese, con una serie di politiche comunitarie adeguate e l’adozione di provvedimenti a cui l’Italia non ha posto la dovuta attenzione.

Basti pensare alle direttive e ai regolamenti in materia di mediazione civile e commerciale e del consumo, enormemente sottovalutate sia dai professionisti che dalle istituzioni, e le direttive in materia di insolvenza transfrontaliera e di tutela del debitore, specie nel caso di incauta concessione del credito e dell’utilizzo delle clausole abusive.

Tali provvedimenti sono stati ratificati dall’Italia, ma non adeguatamente attuati, poiché essi delineavano un quadro di degiurisdizionalizzazione del conflitto e di gestione online delle controversie, poiché tali procedure possono essere gestite quasi interamente per via telematica.

E’ in tale ambito che gli obiettivi della diffusione delle A.D.R., della digitalizzazione e degli strumenti che indirettamente supportino la green economy possono e devono diventare lo strumento per sanare l’economia cadente e il volano per la sua ripresa.

Pensiamo alle imprese non fallibili, ai soci, agli amministratori, ai fideiussori, ai garanti, agli imprenditori agricoli, agli artigiani, alle imprese familiari, ai negozianti, ai piccoli e medi imprenditori.

La legge 3.2012 nota come legge salva suicidi o del sovraindebitamento, inserita nel decreto legge 14.2019 denominato come Codice della Crisi e della Insolvenza, di recente aggiornata, offre soluzioni valide per queste categorie che si ritrovino in una situazione di indebitamento o sovraindebitamento, anche nel caso in cui siano pendenti procedure esecutive mobiliari e immobiliari e di rilascio degli immobili.

La legge, infatti, prevede che possa esserci la ristrutturazione del debito per il consumatore, il concordato minore o accordo con i creditori per il titolare di partita iva ola liquidazione volontaria e controllata del patrimonio, come ultima ratio.

Obiettivo di tali procedure è ottenere una riduzione ed un dilazionamento del debito e la sospensione delle procedure esecutive in atto. Tali procedure vengono inizialmente gestite presso gli organismi della composizione della crisi, costituiti presso gli ordini di avvocati, commercialisti e notai, i comuni, le province, le regioni e i segretariati sociali,  i quali devono essere accreditati al Ministero della Giustizia.

Per le imprese fallibili le procedure previste dal codice della Insolvenza andranno a sostituire la vecchia legge fallimentare, favorendo il nuovo concordato e la liquidazione giudiziale. Le cosiddette procedure di insolvenza verranno gestite presso gli OCRI, organismi della composizione delle crisi di impresa tenuti presso le Camere di Commercio.

Per i debitori incapienti, addirittura, esisterà una procedura ad hoc che potrà essere attivata presso gli OCC, cosi come per le imprese familiari.

Indubbio è che, il distanziamento sociale e l’esigenza di smartworking presso la pubblica amministrazione abbiano rallentato il procedimento di formazione dei professionisti del settore e le procedure di accreditamento degli organismi della composizione della crisi da sovraindebitamento e degli Ocri presso le Camere di Commercio. Ciò, indubbiamente, comporterà un rallentamento nella gestione delle procedure di insolvenza per le srl sopra soglia, per le spa e le sapa e i grandi gruppi di impresa.

Di certo, tribunali, organismi della composizione della crisi e i costituendi Ocri si troveranno a dover gestire una mole notevole, anzi quasi fuori misura di procedure.

Ciò ci lascia comprendere come, soprattutto nel caso delle imprese fallibili, diventi utile dover tentare ancor prima di avere accesso alle procedure di insolvenza, la strada della negoziazione, della mediazione o dell’arbitrato tra debitore e creditore, allo scopo di evitare conseguenze peggiori, componendo il conflitto, mantenendo il rapporto contrattuale ed umano ed evitando la procedura fallimentare o di insolvenza.

A ciò va aggiunto che, le situazioni di crisi andranno valutate nella loro complessità, poiché non pochi imprenditori o soggetti privati potranno non accedere alle procedure, a causa dei requisiti fissati dalla legge e, pertanto, in alcuni casi sarà opportuno procedere con gli strumenti processuali ordinari, ma anche valutare le ipotesi di transazioni fiscali o rottamazioni.

Un tale approccio implica un cambio di approccio anche da parte dei magistrati, i quali saranno chiamati a tener conto del momento economico e a considerare un nuovo canone di meritevolezza e colpevolezza alla base dell’indebitamento che, in periodo Covid, non può essere addossato unicamente al debitore.

Da non sottovalutare poi il fenomeno dell’usura e dell’estorsione, nonché del ruolo delle associazioni a delinquere, purtroppo, emerso ulteriormente in questo periodo. poiché molti dei nuovi poveri, piccoli imprenditori e dipendenti del settore privato, si sono visti costretti a rivolgersi agli usurai per far fronte ad impegni che, altrimenti, non avrebbero potuto onorare o nella speranza di non perdere attività o immobili, con conseguenze spesso disastrose.

Infine, l’armonizzazione degli aiuti concessi dall’Unione Europea al nostro paese, una equa distribuzione degli stessi ed adeguati controlli sul rispetto della finalità di cui all’erogazione potrebbero, indubbiamente, consentire alle imprese di conseguire gli obiettivi di competitività e sviluppo ed assicurare la ripresa economica e sociale del paese.

Liquidazione del patrimonio possibile anche in caso di atto dispositivo, purché non sia in frode ai creditori

Con provvedimento del 18 gennaio 2020, emesso dal dottor Pietricola del Tribunale di Latina, veniva disposta apertura della procedura di liquidazione del patrimonio, con liquidatore nominato presso l’ OCC SOS sovraindebitamento città di Lenola, confermato dal tribunale, l’avvocato Cira Di Feo.

La peculiarità dell’apertura di questa procedura di liquidazione risiede nel fatto, che l’apertura sia stata autorizzata nonostante una donazione.
Ai sensi del disposto normativo, nel caso in cui siano presenti atti in frode ai creditori, non è possibile procedere all’apertura della liquidazione del patrimonio poiché viene meno il requisito della meritevolezza.

In questo caso, il giudice, valutata la relazione del gestore e liquidatore appurava che la donazione fosse stata fatta nei 5 anni antecedenti il deposito dell’istanza di liquidazione, e nei confronti di un affine. Inoltre, il giudicante valutava tra gli allegati oltre che l’atto di donazione, anche la perizia redatta da CTP, dalla quale si evinceva che il valore del terreno donato fosse esiguo. Da tale valutazione, discendeva la conseguenza che stante la esiguità della somma e soprattutto un adeguato piano di ristoro per i creditori, la donazione non rappresentasse un atto in frode ai creditori.

Non solo, sulla base della sentenza del tribunale di Benevento del 23 aprile 2019, il giudicante chiariva che sulla base della documentazione presentata, fosse possibile evincere la mancanza del carattere fraudolento, ossia della dolosa preordinazione alla commissione dell’atto in frode ai creditori, autorizzando la liquidazione del patrimonio.

Tale provvedimento richiama l’attenzione dei professionisti che operano nel settore, affinché operino le giuste valutazioni e non si fermino ad un concetto asettico di meritevolezza. Le disposizioni normative vanno adattate al caso concreto, non partendo dalla disposizione in astratto, senza considerare l’applicazione della norma nel concreto, come troppo spesso accade.

Indubbiamente, va valutato che il ruolo del gestore della crisi e del liquidatore del patrimonio non può essere ricondotto al ruolo del curatore fallimentare, perché lo scopo dell’azione è totalmente differente.
È stato in più occasioni evidenziato,infatti, che il gestore della crisi ha la funzione di tutelare gli interessi del debitore e di assicurare un adeguato piano di ristoro in favore dei creditori, secondo un certo equilibrio.

Gestire un piano del consumatore, un accordo con i creditori o una liquidazione del patrimonio non significa semplicemente riportare numeri e atti giudiziari, ma implica un contatto diretto col debitore e con le sue problematiche, altrimenti la riforma della crisi da sovraindebitamento perde completamente la sua ragione d’essere.

L’atteggiamento fino ad oggi in più occasioni si è avuto, da parte di vari professionisti di mettere da parte l’avvocatura come missione, non sempre è adatto qualora si intenda gestire come professionista la crisi da sovraindebitamento.

Di certo, ciò un significa che il gestore non debba essere pagato, poiché il gestore e il liquidatore, oltre a beneficiare della tutela di legge, vedono tutelati i propri interessi nell’ambito della procedura, anche attraverso la liquidazione dei propri onorari che viene riconosciuta dal giudice. Al tempo stesso, gli avvocati non dovrebbero affermare di non aver fiducia in questo strumento legislativo che esiste, e va attuato.

Ovviamente, ciascuno ha il proprio punto di vista.

La fiducia nella risoluzione alternativa delle controversie in tutte le sue forme e la scelta di affiancare quelli che secondo l’attuale società sono i vinti, non sempre è una scelta per i perdenti o per di Don Chisciotte, ma spesso è la scelta di chi ha più forza e crede di più nei propri valori e nei propri obiettivi, e soprattutto nella propria Mission.

Sovraindebitamento dal verbale di mediazione all’omologa del piano del consumatore

Benvenuti nel MedDeb!

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Era l’anno 2013, quando un collega di Salerno, l’avv. Tommaso D’Avino, per la prima volta, mi parlava del cosiddetto fallimento del consumatore ed immediatamente decisi di approfondire la materia, ma mi ci volle un po’ di tempo per appassionarmici.

Fu cosi che ebbi il primo approccio con la cosiddetta legge 3 2012 e successivamente, alla sua entrata in vigore, col decreto 202 2015 avente ad oggetto le disposizioni che regolano le attività degli O.C.C., ossia degli organismi della composizione della crisi da sovraindebitamento e dei gestori della crisi. Gli O.C.C., che possono essere costituiti presso gli ordini professionali o le camere di commercio o i comuni, sono organismi presso i quali viene composta, grazie all’ausilio dei gestori( avvocati e commercialisti ), la crisi da sovraindebitamento.

La crisi da sovraindebitamento si verifica quando i debiti superano i crediti e un privato cittadino non riesce a far fronte più a quanto debba corrispondere ai creditori. In questo caso, la legge prevede si possa strutturare un piano del consumatore per ottenere un dilazionamento ed una riduzione del debito.

La crisi da sovraindebitamento si verifica quando debiti e crediti superano i debiti e un imprenditore non fallibile ( ditta individuale, imprenditore agricolo, associazione, onlus, comitato, società di persone, snc, sas, o un fideuissore o socio di una società di capitali, ma non srl e spa ) non riesce più a far fronte ai debiti che ha contratto e tende alla ricerca di un accordo con i creditori, per ottenere un dilazionamento ed una riduzione del debito.

Ovviamente, ciò è possibile quando il debitore non ha causato dolosamente e intenzionalmente il suo stato di sovraindebitamento e ha la possibilità di corrispondere, una cifra, se pur minima, per soddisfare i creditori.

La procedura viene inizialmente gestita presso l’organismo della composizione della crisi da sovraindebitamento e poi l’iter prosegue in tribunale, perché è necessario l’intervento del giudice al fine di approvare o meno il piano o l’accordo o per sospendere procedure esecutive pendenti.

Iniziava, quindi, lo studio, l’approccio con la normativa, con la giurisprudenza, con la nuova casistica, vivendo nella consapevolezza che le novità portano una grande euforia che, di fronte alla prime difficoltà a volte cede il passo alla stanchezza e allo sconforto, a volte anche alla delusione.

Allo scopo di diffondere la conoscenza dello strumento della composizione della crisi da sovraindebitamento, decidemmo di organizzare vari eventi formativi ed informativi per la Legal Professional Network, i suoi associati e le sue sedi, in varie location, tra cui anche l’Università di Tor Vergata.

Il 21 aprile del 2016 ricevetti una telefonata dal dr. Michele Miniero, nostro responsabile della sede di mediazione della Conciliando Med di Napoli, il quale mi comunicò che era stata depositata presso la sede una istanza di mediazione, in relazione alla quale poteva, secondo lui, generarsi una procedura di sovraindebitamento. Rimasi perplessa, incuriosita al tempo stesso e attesi con ansia il giorno della mediazione.

Mi recai a Napoli, accompagnata da Daniela, allo scopo di approfondire quella telefonata di Michele, e curiosa di come avrebbe potuto evolvere quella mediazione.
La signora istante mi raccontò di essere stata abbandonata dal marito, con tre figli minorenni e di non essere riuscita a corrispondere i canoni d’affitto allo I.A.C.P. con costanza, essendo lei un’insegnante precaria, lavorando su supplenze in ambito scolastico e talvolta impegnandosi in altri lavoretti.

Lo I.a.c.p. le aveva notificato decreto ingiuntivo e richiesta di convalida di sfratto, a cui il suo legale si era opposto, e il giudice, nella fase del mutamento del rito aveva demandato le parti in mediazione.

Le chiesi se avesse altri debiti e lei mi rispose di avere qualche problema con Equitalia. Verificai la regolarità della convocazione allo I.A.C.P., che comunque non aveva aderito alla procedura di mediazione e, senza esitazioni chiesi al legale della signora: “Cosa ne direste di provare con la procedura di sovraindebitamento?”

Spiegai al collega e alla signora di cosa si trattasse e mi guardarono entrambi stupiti, come accade anche oggi con colleghi e clienti, a distanza di anni. Di mio, ero abituata a questo atteggiamento, poiché erano gli anni in cui ancora combattevamo, come combattiamo tutt’oggi per l’affermazione dell’istituto della mediazione civile, per cui, non mi fermai dinanzi alla mancanza di conoscenza e alla reticenza, più che giusta in quella occasione.

A quel punto, dopo aver chiacchierato un bel po’, aver gustato il caffè ordinato al bar e sentito le voci che provenivano dalle finestre aperte in via della Lana, dove era la nostra sede, l’avvocato della signora mi disse che era interessato a tentare questa strada e, a dire il vero, la signora mi apparve più interessata di lui. Redassi il verbale di mediazione, rinviando ad un successivo incontro di mediazione, per valutare la posizione della signora.

Al successivo incontro di mediazione, la signora e il suo legale mi consegnarono tutta la documentazione che avevo richiesto e valutai, che effettivamente vi erano i requisiti per poter accedere alla procedura di sovraindebitamento, poiché era un soggetto non fallibile, non aveva commesso alcun atto in frode ai creditori, non aveva mai presentato istanza di accesso alla procedura e il suo stato di indebitamento, di certo non poteva essere a lei imputabile.

A quel punto, il 5 maggio 2018 disponevo la chiusura della procedura di mediazione, suggerendo alla signora di accedere alla procedura di sovraindebitamento da instaurare presso l’organismo della composizione della crisi competente territorialmente. La signora, assistita dal proprio legale e da due commercialisti della nostra rete, tutti coadiuvati dal dr. Michele Miniero che sovraintendeva la procedura, in data 19 novembre 2017 depositava la istanza di accesso alla procedura di sovraindebitamento innanzi al Tribunale di Nola, in funzione di organismo della composizione della crisi, poiché, all’epoca ancora non esistevano gli o.c.c. presso gli ordini professionali e i comuni.

Il 19 giugno 2018 veniva nominato l’organismo della composizione della crisi da sovraindebitamento, ossia il gestore della crisi… con un po’ di ritardo, ma le novità sono fatte così, richiedono tempo per essere metabolizzate, assimilate, capite anche dalle istituzioni.

Il 10 luglio 2018 i professionisti depositavano la proposta di piano del consumatore per conto della signora, all’attenzione del gestore della crisi.

Il giudice disponeva la sospensione di tutte le procedure esecutive a far data dal 10 luglio e fissava l’udienza del 23 ottobre 2018 per consentire ai creditori, ai quali era stata notificata la bozza di piano, di proporre eventuali osservazioni ed opposizioni, sebbene in caso di sovraindebitamento del debitore persona fisica il giudice possa decidere in contumacia, senza confronto con i creditori. I legali dei creditori e i creditori medesimi non si presentavano all’udienza, forse nemmeno loro, consci di quella che fosse la valenza di quella procedura e di quella udienza.

La mattina del 29 ottobre 2018 ero a Napoli ed eravamo appena rientrati dal tribunale con i clienti e il maresciallo, fermandoci a “Napoli Nord”, come è mio solito dire. All’improvviso, mentre si discuteva di come fosse andata l’udienza, mi giunse una telefonata di Michele Miniero che, con la sua solita calma mi disse che il piano della signora da noi seguita a Nola, era stato omologato.
“E cosi me lo dici?” gli ho chiesto, letteralmente esultando dalla gioia, ma poi ho deciso di tacere, nell’attesa di leggere il provvedimento.

Il 31 ottobre 2018 Michele mi ha inviato il provvedimento di omologa, alle 12:56.

Ho aperto la mail, letta l’omologa di un fiato e gli occhi si sono fermati sulla data dell’udienza e della sottoscrizione dell’omologa: 23 ottobre 2018.

Una data che torna sempre, il compleanno di mia nonna Cira, che non c’è più ma è come se avesse voluto mandarmi un segno, il compleanno di mia cugina Teresa, una data carica di significato per me. Rileggendo il piano omologato era riportata la data del deposito di mediazione, il mio nominativo, il mio suggerimento e l’onere a depositare l’istanza innanzi all’organismo della crisi. I brividi, ho avvertito i brividi.

Ho parlato di MedDeb dal 2015, ancor prima di un delicato intervento che mi ha cambiato la vita e, dopo il 23 novembre 2015 ho creduto nel fatto che la legge 3.2012 potesse dare una mano agli indebitati, avvicinandomi prima alla realtà dei sovraindebitati e poi a quella delle vittime di usura ed estorsione.

Il MedDeb, questo sconosciuto, questa creazione in cui ho creduto dal principio, perché ho sempre affermato che tra mediazione e sovraindebitamento esiste un legame stretto, strettissimo, simbiotico, perché la procedura di sovraindebitamento e di insolvenza, come anche prevista dalla legge di riforma della procedura fallimentare, non è altro che una forma di mediazione tra debitori e creditori, che, per essere efficace, deve essere conosciuta per la sua struttura e per i suoi vantaggi, mentre oggi è sconosciuta ai debitori e sottovalutata e fraintesa dai creditori e talvolta anche dai giudici.

Col MedDeb si crea quel connubio tra organismo della composizione della crisi ed organismo di mediazione da cui discende l’esaltazione della gestione del conflitto lontano dal tribunale, attraverso la negoziazione e la comunicazione, giungendo in tribunale solo in una fase successiva.

Col meddeb si realizzano vantaggi per debitori e creditori e anche per l’amministrazione della giustizia, poiché il debitore meritevole e che non abbia causato colpevolmente il sovraindebitamento ha la possibilità di ottenere una riduzione ed un dilazionamento dei debiti…

Oggi, grazie agli O.C.C. (Organismo di Composizione dellla Crisi) istituiti presso i comuni, anche col nostro ausilio esterno, non trascorrono sei mesi tra deposito dell’istanza di mediazione e nomina del gestore, ma trascorrono forse sei ore, o al massimo due giorni: i tempi e le reazioni sono diverse.

Indubbiamente c’è ancora tanta strada da fare soprattutto per far comprendere a tutti la potenzialità dello strumento ed il connubio mediazione&sovraindebitamento.
Indubbiamente, siamo avanti rispetto a chi sottovaluta lo strumento del sovraindebitamento, soprattutto perché lo valuta ed utilizza alla stregua di uno strumento giudiziale, senza comprenderne la tipologia di strumento di composizione della crisi.

C’è tanto da lavorare, ma a noi della Legal Professional Network lavorare, percorrere terreni nuovi e strade poco battute non fa paura, perché lo abbiamo fatto già all’epoca della conciliazione, della mediazione quando in tanti hanno perso la fiducia e si sono fermati per strada, mentre noi siamo andati avanti, perché ci abbiamo creduto. Lentamente, con costanza e determinazione abbiamo saputo attendere ed il risultato dell’omologa del piano derivante da sovraindebitamento da mediazione demandata è giunto.

Un grazie di cuore a Michele Miniero che ha creduto nel progetto e nella Legal Professional Network e ha coordinato tutte le attività relative alla procedura, alla signora che ha fatto affidamento in noi, al suo legale avv. Alberto Galia, ai commercialisti che hanno predisposto la proposta di piano, a chi mi segue quotidianamente nella lotta per l’affermazione della cultura del MedDeb, primo tra tutti Marco.

A breve, pubblicheremo piano ed omologa con correlativo commento giuridico e procedurale….

Ho sempre creduto nel network, nella squadra, nell’unione convinta che solo in questo modo si possano raggiungere grandi obiettivi, e il 23 ottobre 2018 ne abbiamo avuta la prova.

UNITI SI LOTTA, UNITI SI VINCE

Sovraindebitamento Il MED DEB funziona

Legal Professional Network ha sempre promulgato un modello definito di med deb, ossia una procedura di mediazione e sovraindebitamento, gestita congiuntamente e, finalmente, dopo tempo, siamo giunti ad un caso pratico.

Modello Med Deb per le istanze di mediazione per la gestione della crisi da sovraindebitamento

Nel Luglio 2016, venne depositata istanza di mediazione presso la nostra sede di Napoli, resp. dr. Michele Miniero. Tale istanza di mediazione aveva ad oggetto un rapporto locatizio ed un inadempimento contrattuale, da parte di un conduttore inadempiente nei confronti di un locatore. Il responsabile di sede, acquisendo la documentazione richiesta per tenere la mediazione, si rese conto dalle premesse che erano presenti anche altre posizioni debitorie e contattò la nostra responsabile scientifica, avv. Cira Di Feo, chiedendole di essere mediatore nella procedura.

L’avv. Di Feo accettò e, stante la mancata partecipazione della parte chiamata in mediazione alla procedura e la adeguatezza della documentazione allegata, depositò proposta che venne notificata alla parte chiamata, che non aderì.

Valutando la mancata adesione alla proposta di mediazione, l’avv. Di Feo predispose verbale, specificando che, sulla base della situazione economica e finanziaria dell’istante, riteneva opportuno che accedesse alla procedura di sovraindebitamento e se ne desse comunicazione anche al magistrato incaricato per il giudizio in corso.

Il debitore ben accettò questa ipotesi, e, congiutamente al suo legale e ai nostri consulenti esperti in piani del consumatore, depositò istanza di accesso alla procedura di sovraindevitamento innanzi al tribunale di Nola.

A dire il vero, i tempi per la nomina del gestore sono stati piuttosto lunghi, ma nominato e avuto un colloquio con i consulenti, il professionista ha valutato la fattibilità del piano e ha provveduto al deposito. Ovviamente, siamo in attesa delle valutazioni del giudice.

Orbene, in questo caso si è delineato il cosiddetto sovraindebitamento demandato in sede di mediazione: il mediatore ha consigliato all’istante della mediazione di attivare la procedura di sovraindebitamento, anche a mezzo verbalizzazione.

Orbene, li dove saranno presenti gli o.c.c. comunali della rete S.o.s. Sovraindebitamento, sarà possibile depositare presso i medesimi le istanze di accesso derivanti dalle procedure tenute presso la Conciliando Med.

Dove non sarà presente la rete S.O.S. SOVRAINDEBITAMENTO le medesime dovranno essere depositate presso i tribunali.

Dopo tutto, quello che sembravano solo un sogno e non realizzabile e non sostenibile, è diventato realtà.

A chi sosteneva l’inutilità dello strumento della mediazione collegata al sovraindebitamento, anche per superare limiti oggettivi ( la durata del piano ) possiamo rispondere che ci avevamo visto giusto e che, il nostro modello di med deb è realtà.

Non appena avremmo novità, in ogni senso, vi aggiorneremo.
Da Sos sovraindebitamento, per oggi… è tutto!

P.S. Ovviamente, a chiunque chiederà delucidazioni ed informazioni, saremmo lieti di darle… perché il progetto che portiamo avanti non è solo nostro, ma è diretto alla condivisione consapevole, improtata ad etica, professionalità e riservatezza.

CRISI DA SOVRAINDEBITAMENTO

[vc_row][vc_column width=”2/3″][vc_column_text]

POSSIBILE OMOLOGARE UN PIANO DEL CONSUMATORE CON DURATA SUPERIORE A CINQUE ANNI ANNI? O CONSEGUIRE UN ACCORDO CON DURATA SUPERIORE AI CINQUE ANNI?

[/vc_column_text][vc_empty_space height=”52px”][vc_single_image image=”2667″ img_size=”full”][vc_empty_space height=”52px”][vc_column_text]Mentre presso i tribunali del centro nord Italia, alcuni tribunali del sud, tra cui primeggia Napoli Nord sono state concesse omologhe a piani che prevedevano il rientro debitorio anche in quindici anni, vi sono alcuni tribunali presso i quali i giudici continuano a negare l’omologa, unicamente in base alla durata del piano o del rientro in caso di accordo con i creditori.[/vc_column_text][vc_empty_space height=”52px”][vc_column_text]Orbene, se si parte dall’assunto che il piano del consumatore ha lo scopo di consentire al medesimo di adempiere ad una obbligazione che in passato non era stato in grado di onorare, non si può pretendere lo faccia per lo stesso importo, con una durata inferiore.

Non solo, in questo modo, non si tiene conto sia della ratio della normativa italiana, che della ratio della normativa europea che mira a quello che il concetto più ampio di tutela del consumatore ( politica della citizen ).[/vc_column_text][vc_empty_space height=”52px”][vc_column_text]In caso di accordo con i creditori, poi, il giudicante dovrebbe tener presente la volontà dei creditori di andare oltre certi limiti temporali, allo scopo di consentire la continuità dei rapporti e dell’attività aziendale, in considerazione del più ampio concetto europeo di favorire la tutela degli insolventi, non creando un muro al debitore, ma favorendo una forma di mediazione debitore / creditore, da noi ribattezzata “med deb”.[/vc_column_text][vc_empty_space height=”52px”][vc_column_text]Ancora un nuovo provvedimento viene in nostro supporto,questa volta dal Tribunale di Reggio Calabria, con sentenza del 27.3.2018:

sulla base della fattispecie concreta, tenuto conto delle ragioni creditorie, si può prevedere una durata superiore ai sette anni in relazione alla durata di un piano del consumatore, normalmente considerati come limite massimo.

[/vc_column_text][vc_empty_space height=”52px”][vc_column_text]Del resto, occorrerebbe ricordare ai giudici che la legge 3.2012 prevede una procedura in favore di un debitore che, altrimenti, non avrebbe la possibilità di far fronte ai propri debiti e, magari, di tutelare il proprio immobile.

Non dimentichiamo, infatti, che giurisprudenza costante, ormai, in favore del debitore meritevole, prevede la falcidia dell’importo dovuto al creditore ipotecario e ai chirografari, la previsione di un piano di rientro superiore ai sette anni e una alternativa meno conveniente rispetto a quella liquidatoria ( vedasi per tutte Tribunale di Mantova, 22.12.2017 ).[/vc_column_text][vc_empty_space height=”52px”][vc_column_text]Un invito, quindi, ai legali e ai gestori, nonché ai giudici a tener presente questo nuovo indirizzo, auspicato dalla scrivente già da tempo, e la cui necessità di applicazione in via uniforme da parte dei tribunali italiani, è stata sollecitata circa un anno fa con richiesta alle istituzioni comunitarie.[/vc_column_text][vc_empty_space height=”52px”][vc_column_text]Non solo. Ricordiamo ai legali che, in caso di mancata omologa, esiste il rimedio del reclamo a cui supporto sussiste una cospicua giurisprudenza, nonché l’eventuale supporto dei professionisti della Legal Professional Network, ormai esperti in questo settore.[/vc_column_text][vc_empty_space height=”52px”][/vc_column][vc_column width=”1/3″][stm_sidebar sidebar=”527″][/vc_column][/vc_row]

Comune di Cerro al Volturno accreditato al Ministero grazie alla rete SoS Sovraindebitamento

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Cerro al Volturno primo comune del Molise accreditato come O.C.C. – Organismo della Composizione della Crisi

[/vc_column_text][vc_single_image image=”2590″ img_size=”full”][vc_empty_space height=”52px”][vc_column_text]Legal Professional Network si unisce con orgoglio e soddisfazione alla aministrazione comunale di Cerro al Volturno con a capo il Sindaco Di Ianni Remo, per la brillante notizia dell’accreditamento come Organo di Composizione della Crisi (OCC) presso il Ministero di Giustizia come “SOS Sovraindebitamento Città di Cerro al Volturno“.

L’Organismo, come riportato dalla note del comune, è operativo già da diversi mesi e in questi giorni è arrivata l’ufficialità dell’accreditamento da parte del Ministero.

Cerro al Volturno è il primo comune in assoluto della Regione Molise ad essere stato accreditato per le procedure di sovraindebitamento, l’assistenza al debito e la risoluzione di problematiche ad esso connesse.

L’attenzione e la sensibilità  mostrata dalla amministrazione comunale nella figura del Sindaco in prima persona hanno permesso, attraverso la stretta collaborazione con Legal Professional Network e la rete SOS Sovraindebitamento, di creare uno strumento nell’ambito dell’applicazione della Legge 3/2012 (detta salva suicidi) che ha iniziato a dare voce e un punto di riferimento a tutti coloro i quali si trovavano a fronteggiare questioni inerenti debiti personali.

Questa proficua collaborazione ha portato quindi ad un risultato di tutto rispetto che apre nuovi scenari e possibilità fornendo a chi si trova nella condizione di sovraindebitamento, attraverso professionisti del settore il sostegno e gli strumenti per ottenere risoluzioni concrete.

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Lenola accreditato Organismo Composizione della Crisi nelle procedure di Sovraindebitamento

[vc_row][vc_column width=”2/3″][vc_column_text]E’ Lenola(LT) il primo comune del Lazio ad essere stato accreditato come OCC – Organismo Composizione della Crisi – nelle procedure di Sovraindebitamento.

Il giorno 27 aprile alle ora 12, presso la Sala consiliare del Comune di Lenola, si terrà la conferenza stampa di presentazione del primo Comune sul territorio laziale ad essere accreditato come OCC. Un grande traguardo per il Comune pontino che andrà a svolgere un servizio importante nell’ambito dell’applicazione della Legge 3/2012 detta salva suicidi.

Dal prossimo mese i cittadini di tutta la provincia latinense potranno fare riferimento al Comune di Lenola per la presentazione delle istanze di accesso alla procedura di Sovraindebitamento e sarà il Comune attraverso uno staff appositamente predisposto, con l’appoggio della Legal Professional Network, a nominare il Gestore che andrà ad analizzare le pratiche.

Uno servizio che agevola l’accesso alla procedura, snellendo il carico che attualmente ricade solo sugli organi preposti.

Alla conferenza presenzieranno il sindaco Andrea Antongiovanni, il responsabile dell’OCC dott. Marco Valerio Rosato e il presidente della Legal Professional Network avv. Cira Di Feo.

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